Il contratto di convivenza nelle unioni civili

Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze“: è questo il nome del nuovo decreto di legge che tratta anche di contratti di convivenza, approvato nel febbraio 2016, detto anche ddl Cirinnà dal nome della senatrice da cui è partito il tutto.

Un decreto che, soprattutto dal punto di vista giuridico, introduce alcune novità interessanti nel campo delle unioni civili.

Vediamo di che si tratta e quali sono i punti salienti.

Contratto di convivenza
Consulenza legale contratti di convivenza

Differenza tra unioni civili e convivenze

Prima di tutto, è importante apprendere i concetti e sapere ciò di cui stiamo parlando.

Le unioni civili sono specifiche formazioni sociali. Sono quindi riconosciute giuridicamente al pari del matrimonio o dei legami di parentela, con annessi diritti e doveri.

Con convivenze di fatto si fa invece riferimento a tutte le coppie formate da persone maggiorenni (sia etero che omosessuali) non legate da vincoli giuridici (come nel caso delle specifiche formazioni sociali: rapporti di parentela, adozioni, matrimoni e unioni civili), ma da un legame affettivo e di reciproca assistenza morale e materiale.

Come fare un contratto di convivenza

All’interno del legame di convivenza di fatto le parti possono regolare i propri rapporti patrimoniali stipulando un accordo detto “contratto di convivenza”, in forma scritta davanti ad un avvocato (o un notaio).

L’intervento dell’avvocato è opportuno già in fase di stesura dell’accordo di convivenza. La consulenza legale di un professionista è fondamentale per evitare spiacevoli inconvenienti o incomprensioni future.

Il contratto di convivenza è utile anche per stabilire le conseguenze di una eventuale cessazione della convivenza stessa, soprattutto riguardo gli aspetti patrimoniali del rapporto.

Come funzionano le unioni civili

La prima parte del decreto di legge “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” tratta delle unioni civili tra persone dello stesso sesso.

Ecco i principali punti che regolamentano questo nuovo istituto giuridico:

  • Si costituisce tra 2 persone dello stesso sesso con una dichiarazione di fronte a un ufficiale di stato e alla presenza di due testimoni, e va registrata nell’archivio dello stato civile;
  • Le parti possono stabilire, per la durata dell’unione, quale cognome comune assumere.
  • Entrambi concordano l’indirizzo della vita familiare e la residenza comune.
  • In assenza di indicazioni diverse, come ad esempio la stipula di un contratto di convivenza, si applica il regime patrimoniale della comunione dei beni.
  • Con l’unione le parti acquistano il diritto all’eredità, alla pensione di reversibilità e al mantenimento.
  • Una eventuale separazione avviene davanti all’ufficiale di stato civile, quando le parti ne manifestano la volontà (anche disgiunta). Le modalità sono le stesse del matrimonio, con l’unica differenza che viene applicato il divorzio breve: bastano infatti 3 mesi di separazione invece che 6.

Impedimenti all’unione civile

L’unione civile non è permessa in questi casi:

  • Quando una delle parti ha già in essere un vincolo matrimoniale o un’unione civile.
  • Quando una delle parti è interdetta per infermità mentale.
  • Quando tra le parti sussiste un vincolo di parentela.
  • In caso di condanna definitiva di un contraente per omicidio consumato o tentato nei confronti del coniuge dell’altro.

Patto di convivenza

Differenza tra unione civile e matrimonio

Pur condividendone molti aspetti, le unioni civili sono un legame differente rispetto a quello contratto in un matrimonio fra eterosessuali.

Il matrimonio si differenzia per l’obbligo di usare il cognome dell’uomo come cognome comune, attendere un periodo di separazione da 6 mesi ad un anno prima di sciogliere l’unione e per la possibilità di sciogliere l’unione nel caso in cui essa non venga “consumata”.

Le maggiori differenze riguardano le cosidette stepchild adoption e l’obbligo di fedeltà.

Per stepchild adoption, letteralmente “l’adozione del figliastro”, si intende la possibilità che il genitore non biologico adotti il figlio, naturale o adottivo, del partner. Per il nostro Paese essa è prevista per le coppie eterosessuali sposate da almeno 3 anni o che abbiano vissuto more uxorio (cioè “secondo il costume matrimoniale”, in sostanza convivendo) per almeno 3 anni, ma siano sposate al momento della richiesta.
Al momento attuale sta ai giudici pronunciarsi, caso per caso, sulle richieste di adozione per le coppie omosessuali.

Per obbligo di fedeltà si intende invece l’obbligo regolato dal codice civile in cui i partner acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri: essi hanno l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale, alla coabitazione ed entrambi sono tenuti a contribuire ai bisogni comuni, in base alle proprie possibilità.

Come funzionano le convivenze di fatto

La seconda parte del decreto ha invece toccato alcuni nuovi aspetti riguardo le convivenze di fatto (sia da parte di etero che di omosessuali).

Ecco le caratteristiche principali delle convivenze di fatto:

  • I conviventi possono scegliere di gestire i propri rapporti patrimoniali con un “contratto di convivenza”, redatto in forma scritta con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o un avvocato. Nell’accordo può essere indicata la residenza, le modalità di contribuzione alla vita comune, il regime patrimoniale della comunione dei beni (voce che può comunque essere modificata in qualunque momento).
  • I conviventi assumono solo alcuni dei diritti e dei doveri riconosciuti alle coppie sposate: l’assistenza ospedaliera, penitenziaria e gli alimenti a fine convivenza (nel caso in cui uno dei due non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento).
  • Se il proprietario della casa di comune residenza dovesse morire, il convivente avrebbe diritto a continuare ad abitare nella stessa casa per due anni (o tre nel caso in cui nella stessa casa coabitino figli minori del convivente supersiste) o per un periodo pari alla convivenza se superiore ai due anni e comunque non oltre i cinque anni.
  • Se l’intestatario del contratto di affitto della casa di comune residenza dovesse morire o dovesse recedere, il convivente di fatto può subentrare nel contratto.
  • Oltre che in caso di morte o di matrimonio/unione civile, la convivenza si risolve per accordo delle parti o per volontà unilaterale e implica di conseguenza lo scioglimento della comunione dei beni.

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